bozzetti e ricordi

mezzo secolo di memorie

La Signora Perri ha lasciato un’impronta forte nella vita di generazioni di allievi insegnando il valore della bellezza, dell'armonia di forza e delicatezza. Per qualcuno la danza è diventata ragione di vita, per altri passione irrinunciabile, per altri ancora un ricordo dolce sfumato dalla lontananza. Per tutti, più o meno a lungo, l'idea di "scuola di danza" è diventata sinonimo di casa, impegno, emozione.

Negli anni ‘30 Elena Loverdos si diploma all’Accademia di Brera, allora diretta dallo scultore Francesco Messina. La pittura rimane tra i suoi interessi, non solo come fonte di ispirazione di storici spettacoli come “La finestra nel cielo” del 1978, ispirata a Marc Chagall. L’attitudine al disegno è infatti testimoniata da un centinaio di disegni e bozzetti con cui la Signora della danza curò personalmente l’ideazione di costumi e scenografie, dimostrando gusto calligrafico e sensibilità per il colore.

Il pubblico non era solo formato dai genitori, amici e parenti delle allieve. C’era partecipazione anche di persone che venivano per il piacere di assistere al saggio. Ci si sentiva anche un po’ importanti. All’uscita qualcuno chiedeva anche l’autografo. Un ragazzo del classico mi mandò dopo un saggio poesie composte da lui.
Le poesie erano molto belle, lui un po’ meno…

Daniela Rognoni

Ne La finestra nel cielo ballavo nel quadro mitologico dedicato a Ravel. Ero un fauno che insidiava una ninfa tra le tante. Un ruolo chiaramente maschile, tutti salti, ma mi piaceva moltissimo: base tecnica classica, ma con tante pose e ports de bras spigolosi e a scatti, atteggiamenti animaleschi ispirati all’iconografia dell’Apres midi d’un faune di Nijinsky. Seguendo fedelmente il bozzetto della Signora, avevo confezionato io stessa il costume: su un accademico bianco, pezzi di maglia di lana marroni e beige, e naturalmente le piccole corna di cartapesta. Quale delusione per entrambe quando, alla prima prova in costume con il regista dello spettacolo Carlo Rivolta, questi impose che il fauno dovesse essere tutto rosso e le ninfe, in tunichetta di voile rosa pallido, nude. La Signora tentò di difendere la propria idea, io arrabbiatissima ma muta, com’è giusto che fossi. Non ci fu niente da fare, restarono solo le corna. Più che un fauno sembravo un diavolo.

Maria Silvana Burtulla

I miei primi anni di danza sono stati presso il ridotto del teatro Fraschini, le lezioni di propedeutica iniziavano con gli esercizi a terra e la Signora, aiutata da una giovane Giuseppina Griffini, posizionava grossi quadrati di multistrato per evitarci il contatto diretto con il freddo pavimento di marmo.
La maggior parte di quegli esercizi li ricordo ancora oggi molto bene, i miei preferiti erano quelli cosiddetti di espressione: la semina, il cucù, la contadinella, l’arlecchino, il libro e la palla... Questo a testimonianza di quanto gli insegnamenti della Signora siano riusciti a coinvolgermi e a trasmettermi la passione per l’arte della danza.

Daniela Ferri

Ricordo in particolare l’emozione quando si apriva il sipario e, con i fari che regalavano un caldo torrido, si intravvedeva il teatro pieno e questo metteva una carica incredibile!
Là su quel palco c’era da tremare, ma ti sentivi anche importante per qualche attimo!

Daniela Scherrer

Le scale strette del Fraschini... e poi le ragazze più grandi che cercavano di tenerci zitte.
Finalmente ti chiamavano: toccava a te! Si scendevano quelle scale con le gambe che tremavano, con il cuore a mille, ma con la consapevolezza che sarebbe andato tutto bene. Tutto bellissimo, tutto emozione!

Susanna Giusti

Teatro Fraschini, credo anni ‘80: la Signora Perri mi diede il compito di tecnico del suono mentre lei era presa con le memorie luci insieme all’adorato Baldo.
Io avevo circa 11/12 anni e dovevo sistemare le bobine e avviarle. Ad un certo punto ho sbagliato tasto ed uscì dalle casse la voce al contrario della Signora e le chiesi: “Ma Signora Perri, parla in russo in questo saggio?”
E lei con quel suo dolce sorriso mi disse: “Silvietta, hai sbagliato tasto”.

Silvia Ferri

Ottobre 1959. Il corso della prima classe era composto da numerose piccole allieve che avevano 4/5 anni. La nostra divisa era composta da calzamaglia blu elettrico e pagliaccetto nero (i termini erano questi ), mezzepunte color carne.
Le mamme, tutte sedute in fondo alla sala a compiacersi delle doti delle proprie figlie.
In quella sala io sono stata battezzata Cris perché eravamo in due a chiamarci Cristina e la signora aveva deciso per me questo nomignolo che mi accompagna ancora oggi.

Cristina Testera

11 luglio 1982.
Spettacolo al Passo del Brallo e finale dei Mondiali di calcio: Italia - Germania (dell’ovest!).
Si decide di ballare dopo la fine della partita e di guardare il match in un bar. Ricordo la Signora Perri in mezzo alla sala davanti alla televisione, in trono su una poltrona da giardino, con un sorriso ieratico. Noi sedute sul pavimento urlanti. Cominciamo lo spettacolo dopo la vittora per 3-1: noi euforiche, il pubblico caldissimo, le bandiere tricolori sventolavano nell’aria leggera. Al rientro in pullman cantammo ininterrottamente e dovevamo fare un certo effetto, perchè arrivammo a notte fonda a Pavia seguiti da una coda di macchine con bandiere e clacson.

Anna Muggia

Dai dodici ai diciassette anni andavo a lezione di danza tutti i giorni.
La mia lezione era l’ultima della giornata e finivamo sempre molto tardi. Così la signora si era offerta di riportarmi a casa ogni sera con la sua Cinquecento. Arrivate sotto casa mia cominciava a parlarmi della giornata, delle lezioni, dei suoi progetti, delle nuove coreografie, dei costumi, delle soddisfazioni e delle delusioni dell’insegnamento, insomma di tutto quello che riguardava la scuola, ma mai della sua vita privata. Mi teneva in auto per ore e parlava come un fiume in piena, cosa per lei abbastanza rara. Assorbendo ogni parola, imparai tantissimo di storia della danza, di coreologia, di musica, di scenografia. Mia madre ogni dieci minuti controllava dal balcone che fossimo ancora lì e scalpitava perché la mattina dopo dovevo alzarmi presto per andare a scuola.
Io morivo di fame. Ma mai avrei rinunciato ai tesori di cultura che mi trasmetteva con le chiacchiere nella Cinquecento.

Maria Silvana Burtulla

Se penso ai miei anni di scuola di danza non posso non ricordare il ridotto del Fraschini con la saletta delle sbarre dove si iniziavano le lezioni e dove entravo precipitosamente sempre in ritardo, dopo essermi cambiata nell’oscuro bugigattolo che pomposamente chiamavamo spogliatoio.
Non posso dimenticare l’occhiata severa con cui la Signora mi faceva notare l’entrata in ritardo. Quando eravamo più piccole le nostre mamme ci aspettavano in fondo al salone chiacchierando... Il momento tanto atteso in cui la Signora distribuiva i ruoli nei saggi... I primi saggi da ballerina solista... praticamente etoile!

Marina Merlini

Cercando nella memoria, il ricordo più antico che ho della signora Perri è di lei che misurava la mia altezza contro un lungo bastone di legno e la segnava con la penna per dimostrarmi che ero una bambina ancora troppo piccola per frequentare le lezioni di danza, sebbene già lo volessi. Solo in seguito, raggiunta l’età minima, potei finalmente entrare in quel mondo magico da cui, anche grazie a lei, non sono più uscita.

Maria Eleonora Burtulla

Quando ero bambina le prove dei saggi erano un momento di festa.
Tutte in fila scendevamo da quelle scale strette con costume e golfino a coprirci, e sciamavamo sul palcoscenico. Era fatto di larghe travi di legno e la superficie era sconnessa. Il nostro primo compito e divertimento era raccogliere i chiodi di cui era disseminato; ne riempivamo sacchetti! Poi immergevamo le suole delle scarpette nella pece e facevamo con il gesso delle crocette per fissare le posizioni sul palco.
Aspiravamo quel profumo di teatro che mi inebria ancora quando entro al Fraschini.
Era un po’ la nostra casa.

Daniela Rognoni

Prove lunghissime, finivamo tardissimo. L’allora nuovissimo sistema elettronico di governo delle luci permetteva al signor Baldo di memorizzare la sequenza dei giochi di luce e noi (nascoste in platea, al buio) ci divertivamo a sentire la signora che, al microfono, urlava le “memorie” al Baldo.
E ricordo il Geppe, falegname del Fraschini, che predisponeva le scenografie.
Anche le Scuole Medie venivano coinvolte nell’organizzazione dei saggi: per la Leggenda di Alcione ricordo il coinvolgimento della Scuola Media Ferrini.

Elvira Brignoli

Sul Tersicore d’oro vale la pena spendere due parole. Fu davvero una vittoria memorabile a Lucca nel 1976 anche perché fu davanti al Balletto di Roma di Paola Jorio. Ricordo le romane, bravissime con i loro classici tutù, noi con i nostri body bianchi e gli accademici lilla. Loro con Mozart noi con Stravinsky e Orff.
D’altra parte la Perri era un’avanguardista… Anni fa incontrai Paola Jorio: si ricordava di quel concorso dove arrivarono seconde dopo di noi.
Per loro fu uno smacco indimenticato.

Beatrice Belluschi

Le poltrone di velluto porpora così come il sipario, i grandi cesti di fiori al centro del palco al termine dello spettacolo...
Mia madre e la signora Ferri in botteghino e le code dei genitori per avere i biglietti. Il portinaio del Fraschini, signor Bruni, che tentava di gestire una settimana di grande confusione, senza venirne a capo; i suoi precisi lanci di fiori indirizzati a qualche allieva; il signor Baldo, mitico tecnico delle luci.
Insomma un grande allegro eccitante attesissimo baraccone.

Sara Raimondi

Sopravvissuto di Varsavia, 1977.
La Signora stava pensando al costume, non aveva ancora le idee chiare, ma non aveva in mente di utilizzare tessuti di scena. Ed ecco che un giorno suo padre (all’epoca viveva a Pavia con lei) parte a caccia di qualcosa per soddisfare la figlia e torna a casa con un rotolone di juta lungo metri e metri...
Così la ‘sartoria teatrale mamma Brignoli e sorella’ produsse un costume su modello Loverdos (padre e figlia) a forma di sacco per tutte noi.

Elvira Brignoli

Mi piaceva fare il saggio.
Mia mamma mi pettinava e io mi sentivo una piccola star. Un po’ di tensione, ma poi si danzava, senza vedere oltre la prima fila... per fortuna. Gli applausi, forse scontati.
Il pacato sorriso della signora Perri, mai scontato, era liberatorio.

Luciana Iannazzo

‘I giovani hanno fiducia’ (1974) è stato il primo balletto moderno, pur con impostazione accademica, che la Signora Perri ci ha fatto danzare. Era un’assoluta novità per quegli anni.
Un’ altra cosa nuova era il controluce improvviso che fissava la posa finale.

Camilla Callegari

Anni ‘80, anni ricchissimi, fatti di un numero esorbitante di spettacoli durante l’estate. L’82 particolarmente (ne ricordo più di una trentina): con i guadagni ci siamo finanziate parte del viaggio in Unione Sovietica. Anni di grande crescita per noi, bellissime produzioni coreografiche della Signora. Penso al piacere di conoscere musiche nuove, compositori eccezionali, al piacere di danzare, alle risate in pizzeria dopo gli spettacoli.
Penso anche ai pianti, alle delusioni, alle incomprensioni.
E penso che rifarei tutto.

Elvira Brignoli

comitato di scopo "in ricordo di elena perri loverdos, la signora della danza"

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