La nuova sede e i successi nazionali
Negli anni ‘70 si cementa il sodalizio fra Pavia e la sua Scuola di danza. La città è stretta dalla crisi economica, la disoccupazione è in aumento, muta inesorabilmente la coscienza del ruolo femminile attivo nella società. Nondimeno, l’interesse per la danza classica a Pavia è ormai imposto come un fenomeno di vasto impatto sociale, che coinvolge porzioni di cittadinanza sempre più ampi. La scuola di danza «deve essere aperta al maggior numero di fanciulle e fanciulli che lo desiderino, senza preclusione iniziale del grado individuale di attitudine.» (Dattiloscritto dell’archivio Perri, senza data ma inquadrabile al 1977 circa)
Nel 1975 la Scuola diventa indipendente dall’Istituto Musicale Vittadini; l’ideale tenacemente perseguito da Elena Perri Loverdos funziona, e nel 1976 vengono raggiunte - spontaneamente e senza alcuna forma di pubblicità - le trecento iscrizioni, la maggior parte delle quali di età compresa tra i 6 e i 12 anni.
Per la città sono anni di intenso fermento culturale, di cui partecipa anche la Scuola di danza che entra nella sua fase forse più creativa. Per i corsi della propedeutica, le fiabe tradizionali (Il pifferaio magico, Pollicino, Biancaneve) costituiscono un repertorio narrativo costante, a cui si aggiungono soggetti originali semplici ma di sicuro effetto (Giochi di bimbi, Scenette carnevalesche, Un campo fiorito una mattina d’estate, Dall’alba alla notte). Un certo numero di coreografie (Afrodite e le Ondine, Antica leggenda dedicata al mito di Dafne, La leggenda di Tersicore, Syrinx) testimonia un nuovo interesse per il mondo antico, percepito in chiave neoclassica come sintesi di armonia e bellezza.
Gli anni 1976-78 imprimono alla produzione della scuola una svolta decisamente espressionista nei significati e nella tessitura coreografica; una breve rassegna dei titoli e dei compositori scelti dà idea della profondità tematica raggiunta: Ribellione (1974) su musica di Bartòk; Fortuna imperatrix mundi (1976) su musiche di Stravinky e Orff; La favola bella (1977), adattamento dalla fiaba allegorica di Francesco Perri sul Primo concerto per violino di Prokofiev; Un sopravvissuto di Varsavia (1977) di Schömberg. Nel giugno 1976 la scuola partecipa per la prima volta al concorso Tersicore d’oro che si tiene al teatro comunale del Giglio di Lucca, con il balletto Fortuna imperatrix mundi.
Nonostante le difficoltà (non tutte le allieve che avevano danzato il balletto al saggio finale sono disponibili alla trasferta), la volontà di partecipare di Elena Perri Loverdos si dimostra irremovibile, inserendo nuovi elementi nell’organico. L’inaspettata vittoria del primo premio dimostra come avesse ragione a credere nel valore di quel balletto incentrato sul dialogo sofferto tra l’Uomo e i suoi ideali.
Sono infatti il soggetto e la modernità della coreografia ad essere apprezzati e premiati dalla giuria, in confronto alle danze presentate da scuole con allieve di tecnica superiore, ma con composizioni assai più convenzionali.
La stampa pavese accoglie con entusiasmo il prestigioso premio, coronamento dell’opera instancabile di educazione attraverso la danza:
«È una notizia che ci rende orgogliosi e soddisfatti e, diciamolo pure, un poco commossi, pur abituati come siamo a vivere nell’ambiente dello spettacolo. Ma è appunto per questo, è proprio in considerazione della conoscenza approfondita di quali e quante sono le fatiche, le prove, le ansie, i patemi d’animo per raggiungere lo stadio di una perfetta preparazione che la nostra gioia si vela, si permea anche di sincera, di autentica commozione. Sappiamo a quali critiche e talvolta a quante incomprensioni va incontro chi fa dell’arte, in questo caso della danza, ma sappiamo anche che non vi è vera, autentica arte se non filtrata attraverso il crogiuolo della sofferenza: quella sofferenza che rende lievi le fatiche, che fa superare gli ostacoli, che illumina l’anima e il cuore, che libera la mente e fa della immaginazione viatico verso i più puri e alti orizzonti della vita e dell’arte. E siamo felici che Elena Perri Loverdos veda coronati, con questo premio, anni di duro lavoro, di fervore, anni spesi al servizio della danza con intelligenza, con alta sensibilità.» La Provincia Pavese, 29 giugno 1976
Chi ha vissuto quella stagione vigorosa di impegno artistico non può che riconoscersi in quel modello educativo, descritto con la consueta, disarmante retorica. La vittoria del Tersicore, ottenuta fuori dal rassicurante ambito pavese, dà avvio a una lunga stagione di spettacoli e alla creazione di un «Gruppo Stabile» della scuola, in grado di affrontare un repertorio sempre più vario.
Nel 1977 la Signora propone al cortese pubblico del saggio finale Un sopravvissuto di Varsavia di Schömberg, per voce, coro e orchestra. Il brano drammatico e pieno di dissonanze costituisce una sfida decisamente nuova per le danzatrici:
«La composizione rievoca il racconto di un giovane ebreo sfuggito all’atroce massacro perpetrato dai nazisti nel ghetto di Varsavia nel 1944. La voce recitante narra con accenti di crudo verismo l’agghiacciante ferocia degli aguzzini nazisti e i tragici istanti dell’agonia della comunità ebraica. Il testo musicale cresce gradualmente di tono e tensione fino a realizzare una catarsi emozionale di straordinaria potenza quando il coro all’unisono intona l’antica preghiera ebraica: Ascolta, o Israele.» Note di Elena Perri Loverdos dal Programma di sala del Saggio finale 1977, a cura dell’Ufficio stampa del Teatro Comunale Fraschini.
«Medioevo e Rinascimento evocano sempre mondi fantastici, riportano alla mente usi, costumi, dame, cavalieri, danze, liuti, flauti, spinette, bombarde, tamburi, arpe, ed altri nobili strumenti. Sembra, quasi, di trovarci davanti ad un arazzo un pochino sbiadito, o ad una pergamena, pare di intravvedere ombre, segni, luci, ritmi, colori, si sente nell’aria l’eco di canzoni, di danze, di squilli guerreschi. Una fiaba del passato, dunque, un riandare, con la memoria, a tempi favolosi fra damigelle, dame, cavalieri, cortigiani, condottieri, giullari, poeti, musici, letterati, cantori, prelati: un vasto affresco di memorie che ancora vibrano, pulsano, fremono in noi. Ebbene, questo mondo, queste sensazioni sono rinati nel Cortile Sforzesco della nostra Università, preziosa cornice a un non meno prezioso concerto [...]» La Provincia Pavese, 18 giugno 1977
Sempre nel 1977, la scuola partecipa alla rassegna di danza che si svolge a Poggio a Caiano (PO) nei giardini della Villa medicea, presentando Chopiniana, una coreografia appositamente creata per quell’occasione: è un balletto di forte ispirazione romantica, formato da pezzi d’insieme, “a solo” e passi a due, che si adattano armoniosamente alla cornice architettonica del palcoscenico, inserito fra le scalinate gemelle della facciata.
Le iscrizioni continuano ad aumentare; le allieve della scuola sono ormai conosciute affettuosamente come «le libellule». La Provincia Pavese, 9 giugno 1977
A Cajkovskij si ispirano Serenade e Bluebird di stile puramente accademico; la delicata leggenda di Syrinx si costruisce sul Settimino per arpa, quartetto d’archi, flauto e clarinetto di Ravel e sull’assolo per flauto di Debussy; ancora sullo struggente Clair de lune dalla Suite Bergamasque di Debussy danzano tre pierrot che evocano «i tristi pagliacci di notte» di Chagall. Nei Quadri di un’esposizione di Musorgskij sfilano i personaggi del folklore russo che popolano i quadri dell’artista: bimbi, madri nelle vesti di contadine russe, gnomi, mercanti, sfaccendati del mercatino di Limoges, spiriti dei morti.
Le due Suites per piccola orchestra di Stravinsky chiudono il concerto, presentando una gioiosa festa animata da coppie di innamorati, angeli musicanti, saltimbanchi, ballerine.
Anche in questo caso, l’accoglienza del pubblico è entusiastica:
«Immagine felicissima, questa che ottimamente si confà sia alla pittura che al balletto: la finestra, cioé, della fantasia, la fuga verso i cieli dell’immaginazione pura, il palpito della tavolozza del creato, il palcoscenico ideale del ballo della vita, il luminoso mondo interiore della invenzione che popola i nostri sogni e la realtà stessa di immagini, di personaggi, di luci, di ombre, di sole, di stelle, di luna, di canto, di sospiro, di aria, di acque scorrenti nell’alveo di magici fiumi. E la pittura ed il balletto sono tutto questo, sono la variazione del canto della vita, in chiave di armoniose cadenze e movenze, e le allieve della nostra scuola apprendono dalla loro insegnante il senso, il calore, il colore della danza, imparano a mettere il loro corpo e la loro fantasia al servizio della musica, dell’interpretazione del soggetto, imparano la spiritualità dell’arte [...]» La Provincia Pavese, 23 maggio 1978
In questi anni, la Signora coltiva il sogno di trasformare la propria Scuola in Scuola Civica: questo passaggio di statuto consentirebbe la collaborazione assidua delle danzatrici più mature alle produzioni di danza e opera del Teatro Fraschini, salvaguardando l’insegnamento della danza alle allieve più giovani.
Si tratta di un progetto ambizioso, della cui difficoltà è ben consapevole:
«Parallelamente, non porre alcun traguardo di eccellenza agli allievi né alcuna prospettiva di sbocco professionale per i più dotati vorrebbe dire mortificare il livello della scuola rispetto a quello che è attualmente, e ridurlo a una pratica dilettantesca nella quale finirebbe per regnare l’approssimazione ed il pressapochismo, che sono esattamente l’antitesi del rigore e della precisione che stanno alla base della Danza. Due finalità in conflitto tra loro perchè richiedono un grande reclutamento e assenza di selezione, accentuazione della tecnica e selezione accurata.» Dattiloscritto dell’archivio Perri, senza data ma inquadrabile al 1977 circa